LA VIOLENZA: L'ASSENZA DI PAROLE NEL VOCABOLARIO! LA VISIONE DI TOLSTOJ

Lev Tolstoj, una delle menti più brillanti e influenti della letteratura e del pensiero filosofico, ci ha lasciato un'eredità ricca di riflessioni sulla condizione umana, la morale e la società. Tra le sue molteplici intuizioni, una risuona con particolare forza nel contesto attuale: l'idea che la violenza sia, in sostanza, l'assenza di parole nel vocabolario. Questa affermazione, apparentemente semplice, racchiude una profondità psicologica e sociologica notevole, suggerendo che la violenza non è un atto primordiale o inevitabile, ma piuttosto il fallimento della comunicazione e della comprensione.


Il linguaggio come fondamento della civiltà

Per Tolstoj, il linguaggio non è solo uno strumento di comunicazione; è il pilastro su cui si fonda la civiltà. È attraverso le parole che possiamo esprimere pensieri complessi, negoziare differenze, costruire relazioni e risolvere conflitti. La capacità di articolare i propri sentimenti, le proprie esigenze e le proprie ragioni è ciò che ci distingue, come esseri umani, dalla pura istintualità. Quando questa capacità viene meno, quando le parole si esauriscono o non vengono ascoltate, si apre un vuoto che può essere colmato solo dalla forza bruta.


La violenza come incapacità di esprimersi

Considerare la violenza come "assenza di parole" significa riconoscere che spesso essa emerge da un'incapacità o una riluttanza a impegnarsi in un dialogo significativo. Che si tratti di un individuo, di un gruppo o di una nazione, la scelta della violenza può indicare:

 * Mancanza di vocabolario emotivo: A volte, le persone non hanno le parole per esprimere rabbia, frustrazione, paura o dolore in modi costruttivi. Questa impotenza verbale può sfociare in azioni aggressive.

 * Rifiuto del dialogo: In altri casi, la violenza è una scelta deliberata di non impegnarsi nel processo comunicativo, magari per imporre la propria volontà senza compromessi o per disprezzo verso l'altro.

 * Incomprensione reciproca: Quando le parole vengono usate ma non si incontrano, quando i messaggi vengono fraintesi o ignorati, la tensione può crescere fino al punto di rottura, dove l'unica "comunicazione" rimasta sembra essere la forza.

 * Silenzio delle vittime: Tolstoj probabilmente intendeva anche il silenzio imposto alle vittime, a cui viene tolta la voce, rendendo la violenza un atto che annulla la loro capacità di reazione verbale e, di conseguenza, la loro umanità.


Oltre l'individuo: la violenza nella società e nella politica

L'intuizione di Tolstoj si estende ben oltre le dinamiche interpersonali. A livello sociale e politico, la violenza, sia essa rivoluzione, guerra o repressione, può essere vista come il fallimento di sistemi che non riescono a offrire canali adeguati per il dissenso, la negoziazione e la risoluzione pacifica dei conflitti. Quando le voci vengono zittite, quando il dialogo è impossibile o quando le ingiustizie vengono ignorate, le persone possono sentirsi spinte a ricorrere alla violenza come ultima risorsa per farsi sentire.


Implicazioni per il presente

Nel mondo contemporaneo, dove la polarizzazione e la disinformazione sono all'ordine del giorno, la visione di Tolstoj assume un'importanza ancora maggiore. In un'epoca di comunicazione digitale immediata ma spesso superficiale, è facile che i messaggi vengano distorti, che l'empatia si affievolisca e che le persone si rinchiudano nelle proprie bolle di pensiero. Riscoprire il valore del dialogo, dell'ascolto attivo e della ricerca di un terreno comune diventa cruciale per disinnescare le tensioni e costruire società più pacifiche.

In conclusione, l'aforisma di Tolstoj "la violenza è l'assenza di parole nel vocabolario" ci invita a una profonda riflessione. Ci rammenta che la pace non è semplicemente l'assenza di guerra, ma la presenza di una comunicazione efficace, di comprensione reciproca e di un impegno costante a trovare soluzioni attraverso il dialogo. È un potente promemoria che il vero potere risiede non nella capacità di distruggere, ma nella capacità di connettersi e di costruire ponti con le parole.


Capitan Pess











I BUONI PROPOSITI DEL DOPO VACANZE

Ripartire con Slancio

L'odore di crema solare è ancora nel suo pieno utilizzo, l'abbronzatura comincia a fissarsi e i ritmi frenetici della quotidianità e le lunghe giornate di stress sembrano un lontano ricordo. Benvenuti in vacanza!

Ma come tutte le cose belle, proprio perché sono così belle, purtroppo avranno anche una fine.

Sebbene il rientro possa sembrare un tuffo nella realtà, bisogna farsi trovare pronti e in tutto questo ripetersi c'è un lato positivo che spesso sottovalutiamo: il dopo vacanze è un vero e proprio Capodanno estivo. 

Un momento perfetto per tirare le somme, definire nuovi obiettivi e ripartire con slancio.

Proprio come a gennaio, il rientro dalle ferie ci offre una tela bianca su cui dipingere nuove abitudini e aspirazioni. Siamo più riposati, la mente è più lucida e spesso sentiamo il bisogno di dare una nuova direzione alla nostra vita, che sia professionale, personale o legata al benessere.

Ma come trasformare questa energia post-vacanza in azioni concrete? Ecco qualche spunto per i vostri "buoni propositi del rientro":


1. Benessere a 360 Gradi: Riparti dal Corpo e dalla Mente

Le vacanze ci hanno permesso di staccare la spina e ricaricare le batterie. Perché non portare questa attenzione al nostro benessere anche nella routine quotidiana?

 * Attività Fisica: Se in vacanza avete scoperto il piacere di lunghe passeggiate, nuotate o sport all'aria aperta, cercate di integrare queste attività nella vostra settimana. Non serve iscriversi subito a una maratona: bastano 30 minuti di movimento al giorno per fare la differenza.

 * Alimentazione Consapevole: Dopo gli eccessi estivi, è il momento ideale per reintrodurre una dieta equilibrata, ricca di frutta, verdura e cibi integrali. Non si tratta di privarsi, ma di nutrire il corpo nel modo giusto.

 * Mindfulness e Relax: Le tecniche di rilassamento imparate sotto l'ombrellone, come la meditazione o semplicemente qualche minuto di respiro consapevole, possono aiutarvi a gestire lo stress del rientro e a mantenere la calma.


2. Sviluppo Personale e Professionale: Crescere e Imparare

Il rientro può essere l'occasione perfetta per investire su voi stessi.

 * Nuove Competenze: C'è un corso che volete seguire da tempo? Un libro che desiderate leggere per approfondire un argomento che vi appassiona? Il dopo vacanze è il momento giusto per dedicare tempo alla vostra crescita personale.

 * Obiettivi Professionali: Analizzate il vostro percorso lavorativo. Ci sono traguardi che volete raggiungere? Nuove strategie da mettere in atto? Approfittate della mente più fresca per pianificare i prossimi passi della vostra carriera.

 * Organizzazione e Produttività: Le vacanze ci insegnano a rallentare. Al rientro, possiamo applicare alcune di queste lezioni alla nostra routine, ottimizzando i tempi e le priorità per essere più efficaci e meno stressati.


3. Relazioni e Tempo Libero: Nutrire i Legami e le Passioni

Non dimenticate l'importanza di dedicare tempo a ciò che vi sta a cuore al di fuori del lavoro.

 * Amici e Famiglia: Dopo aver magari trascorso più tempo con i propri cari in vacanza, mantenete viva questa vicinanza organizzando incontri, cene o semplici momenti di condivisione.

 * Hobby e Passioni: Che sia giardinaggio, pittura, musica o un nuovo sport, dedicate spazio ai vostri hobby. Sono un antidoto allo stress e un modo per ricaricare l'anima.

 * Viaggi Futuri: Anche se le vacanze sono appena finite, iniziare a sognare e magari pianificare la prossima fuga può dare una spinta positiva e mantenere viva la sensazione di avventura.

Il rientro non dovrà essere un trauma, ma un'opportunità. Vedetelo come un nuovo inizio, un momento per riflettere su ciò che avete imparato durante le vacanze e su come potete applicarlo alla vostra vita quotidiana. Fate piccoli passi, siate gentili con voi stessi e ricordate che ogni giorno è un'occasione per migliorare e vivere al meglio.

Quali sono i vostri buoni propositi per questo "Capodanno estivo"? 


Capitan Pess






QUANDO UN AMORE FINISCE

Riscoprire se stessi dopo il congedo

La fine di una relazione è spesso accompagnata da un dolore acuto, un senso di vuoto che sembra inghiottirci. Ma, come suggerisce il Professor Umberto Galimberti, la sofferenza non deriva tanto dalla perdita dell'altro, quanto dalla perdita di quella parte di noi stessi che avevamo riposto nell'amore altrui.

Galimberti ci invita a riflettere su un punto cruciale: nell'innamoramento, tendiamo a non affermare la nostra identità, ma a riceverla dal riconoscimento dell'altro. È come se la persona amata diventasse uno specchio, riflettendo un'immagine di noi che ci appaga e ci definisce. Ci sentiamo visti, apprezzati, desiderati, e in questo rispecchiamento costruiamo gran parte della nostra percezione di noi stessi.

Quando poi l'altro se ne va, questo specchio si frantuma. Ci troviamo improvvisamente privi di quell'identità che avevamo delegato all'amore altrui. Il dolore, quindi, non è solo per la mancanza dell'altra persona, ma per la messa in discussione del nostro valore intrinseco, ora che non siamo più oggetto del desiderio o dell'attenzione di chi ci ha lasciati.

La responsabilità, sottolinea Galimberti, è nostra. È nostra la "colpa" di esserci disimpegnati da noi stessi, di aver reso la nostra identità dipendente dall'amore e dall'approvazione altrui. Abbiamo affidato il nostro senso di sé a qualcun altro, invece di coltivarlo e rafforzarlo autonomamente.

Ecco perché, dopo il congedo, il vero lavoro non è cercare di recuperare la relazione perduta o convincere l'altro a tornare. Il compito più urgente e significativo è recuperare quel "noi stessi" che avevamo affidato all'altro, al suo amore, al suo apprezzamento.

Questo processo di recupero è un viaggio interiore, un'opportunità per riscoprire chi siamo al di là della relazione. Significa:

 * Riconnettersi con i propri valori, passioni e interessi che magari erano stati messi in secondo piano.

 * Costruire un'autostima solida e indipendente, basata sulle proprie qualità e sul proprio valore intrinseco, non sul giudizio altrui.

 * Imparare ad amarsi e ad apprezzarsi, riconoscendo che la propria identità non dipende da nessuno se non da sé stessi.

La fine di un amore può essere dolorosa, ma può anche diventare una potente occasione di crescita e di trasformazione personale. È il momento di riappropriarsi della propria identità, di ricostruire le fondamenta di un "io" più forte e consapevole, capace di amare pienamente senza perdere di vista la propria essenza. È il momento di diventare, finalmente, il protagonista indiscusso della propria vita.


Capitan Pess





L'ARTE DI SAPERSI ARRANGIARE: UN ELOGIO ALL'INDIPENDENZA E ALL'ADATTABILITA'

Nel mondo frenetico di oggi, dove la comodità è spesso prioritaria e l'incertezza può generare ansia, c'è chi ha fatto dell'indipendenza e dell'adattabilità la propria filosofia di vita. Se ti riconosci in chi ha imparato l'arte di sapersi arrangiare, benvenuto nel club! 

Questa non è solo una capacità pratica, ma una vera e propria mentalità che trasforma le sfide in opportunità e il disagio in una zona di crescita.


L'Indipendenza come Pilastro

Essere estremamente indipendenti non significa isolarsi dal mondo, ma piuttosto possedere la fiducia e le competenze per navigare la vita con le proprie forze. Significa non dipendere eccessivamente dagli altri per la propria felicità o per risolvere i problemi. Questa autosufficienza ti rende più resiliente o "antifragile", capace di affrontare imprevisti e di trovare soluzioni creative anche quando le risorse sembrano scarse. Hai sviluppato una profonda consapevolezza delle tue capacità e dei tuoi limiti, e questo ti permette di agire con determinazione e autonomia.


L'Adattabilità: La Chiave per Ogni Situazione

La vera magia, però, risiede nella tua capacità di adattamento. Non si tratta solo di "sopravvivere" in situazioni nuove o scomode, ma di trovare il proprio agio in esse, trasformando il contesto attorno a te. Che si tratti di un viaggio improvvisato, di un cambio di programma inaspettato o di una sfida professionale, la tua mente è programmata per analizzare, improvvisare e creare un ambiente favorevole, a prescindere dalle circostanze iniziali.

Questa flessibilità ti permette di:

 * Accettare il disagio: Invece di evitarlo, lo abbracci come parte integrante del processo di crescita. Sai che è proprio al di fuori delle tue zone di comfort che si annidano le maggiori opportunità di apprendimento e miglioramento.

 * Gestire la scomodità: Che sia fisica o emotiva, la scomodità non ti blocca. Hai imparato a conviverci, a smontarla e a trovare modi per renderla meno impattante, se non addirittura utile.

 * Affrontare le difficoltà a testa alta: Ogni ostacolo diventa un puzzle da risolvere, una possibilità per affinare le tue abilità e per dimostrare a te stesso (e agli altri) di cosa sei capace.


Perché l'Arte di Sapersi Arrangiare è Fondamentale Oggi

In un mondo frenetico in continua evoluzione, la capacità di sapersi arrangiare non è più solo una dote, ma una necessità. Ti permette di:

 * Essere proattivo: Non aspetti che le soluzioni ti piovano addosso, ma le cerchi attivamente e le crei, diventando più forte.

 * Ridurre lo stress: Conosci le tue capacità e questo ti dà una sensazione di controllo, diminuendo l'ansia legata all'ignoto, facendoti diventare più sicuro di te.

 * Crescere continuamente: Ogni nuova situazione è un'occasione per imparare qualcosa di nuovo su te stesso e sul mondo, aumentando la tua cultura.

 * Ispirare gli altri: La tua determinazione e la tua positività di fronte alle sfide possono essere un faro per chi ti circonda, diventando in questo, un esempio da prendere a modello.

Se anche tu hai fatto dell'indipendenza e dell'arte di sapersi arrangiare il tuo mantra, sappi che possiedi un superpotere. È la capacità di non farti mai travolgere dalle circostanze, ma di plasmarle a tuo favore, trovando sempre la strada, anche quando sembra non esserci.

Qual è stata l'ultima situazione in cui l'arte di sapersi arrangiare ti ha aiutato concretamente


Capitan Pess 





OVERSHOOT DAY 2025: ABBIAMO GIÀ CONSUMATO TROPPO!

Ogni anno, il Global Footprint Network e il WWF annunciano una data che dovrebbe farci riflettere profondamente: l'Overshoot Day, o Giorno del Sovrasfruttamento della Terra. È il giorno in cui l'umanità ha consumato tutte le risorse naturali che il nostro pianeta è in grado di rigenerare in un intero anno. Negli anni '70 questa data cadeva verso dicembre, nel 2024, questa data è caduta il 1° agosto e nel 2025 siamo arrivati al punto limite il 25 luglio.

Immagina di avere un budget annuale per le tue spese. L'Overshoot Day è come se avessi speso l'intero budget entro la metà dell'anno, e da quel momento in poi iniziassi ad accumulare debiti. Per il nostro pianeta, questo "debito" si traduce in deforestazione, perdita di biodiversità, accumulo di anidride carbonica nell'atmosfera e diminuzione delle riserve idriche.


Cosa significa Overshoot Day in pratica?

Dal 25 luglio 2025 fino alla fine dell'anno, ogni risorsa che abbiamo utilizzato e ogni emissione di carbonio che abbiamo prodotto sono andate oltre la capacità della Terra di assorbirle e rigenerarle. Stiamo letteralmente vivendo al di sopra delle nostre possibilità, intaccando il capitale naturale del futuro.

Questo non è un problema che riguarda solo una parte del mondo. Sebbene l'Italia, ad esempio, abbia un'impronta ecologica significativamente più alta della media globale, richiedendo circa 4,5 Terre per sostenere il nostro stile di vita attuale, l'Overshoot Day è un problema globale.


Perché è importante parlare di Overshoot Day?

Parlare dell'Overshoot Day ci costringe a confrontarci con la realtà della nostra impronta ecologica. Ci ricorda che le risorse del pianeta non sono infinite e che il nostro attuale modello di sviluppo è insostenibile a lungo termine.

Questo giorno serve come un campanello d'allarme, un invito all'azione per governi, imprese e individui. Dobbiamo ripensare i nostri modelli di produzione e consumo, investire in energie rinnovabili, promuovere un'agricoltura sostenibile, ridurre gli sprechi e adottare stili di vita più consapevoli.


Cosa possiamo fare?

Nonostante la gravità della situazione, c'è speranza. Ogni anno possiamo provare a spostare in avanti la data dell'Overshoot Day. Ogni piccola azione conta:

 * Riduci il tuo consumo di energia: spegni le luci, usa elettrodomestici a basso consumo, preferisci i trasporti pubblici o la bicicletta.

 * Adotta una dieta più sostenibile: riduci il consumo di carne e preferisci prodotti locali e di stagione.

 * Minimizza i rifiuti: ricicla, riutilizza, compostaggio e compra meno.

 * Sostieni aziende e iniziative sostenibili: scegli prodotti e servizi che hanno un basso impatto ambientale.

 * Informa e coinvolgi: parla dell'Overshoot Day con amici e familiari, sensibilizzando sull'importanza di un futuro sostenibile.

L'Overshoot Day 2025 è passato, ma la sua data ci ricorda che il tempo per agire è ora. Insieme, possiamo lavorare per un futuro in cui l'umanità viva in armonia con il pianeta, non a sue spese.


Capitan Pess






IL CODICE SEGRETO DEL LINGUAGGIO: LA MIA RECENSIONE

Svelando i Segreti delle Parole: Una Recensione Approfondita de "Il Codice Segreto del Linguaggio" di Paolo Borzacchiello

C'è un libro che mi ha letteralmente cambiato il modo di percepire il mondo e, soprattutto, il modo in cui interagisco con esso. Un libro che, a ogni rilettura, rivela nuovi strati di consapevolezza e strumenti pratici per navigare la complessità delle relazioni umane. 

Sto parlando de "Il Codice Segreto del Linguaggio" di Paolo Borzacchiello, senza dubbio il libro che mi ha offerto di più.

Se, come me, sei affascinato dal potere delle parole, dalla comunicazione e da come questi elementi modellano la nostra realtà, allora questo è un testo che non puoi assolutamente perderti.

Paolo Borzacchiello, un vero luminare nel campo della comunicazione efficace, ci porta in un viaggio affascinante dietro le quinte del linguaggio. Non si tratta di un semplice manuale di comunicazione, ma di una vera e propria esplorazione delle dinamiche sottostanti che regolano ogni nostra interazione.


Cosa rende questo libro così speciale?

 * Una Prospettiva Rivoluzionaria sul Linguaggio: Borzacchiello ci apre gli occhi sul fatto che il linguaggio non è solo un mezzo per esprimere pensieri, ma è uno strumento potente che crea la nostra realtà. Ogni parola che usiamo, ogni frase che costruiamo, non è neutra; porta con sé un peso, un'intenzione, e ha un impatto profondo su chi ascolta e, ancor più, su chi la pronuncia. Il libro ci insegna a decifrare le sfumature nascoste nelle conversazioni quotidiane, a capire il vero significato dietro le parole dette (e non dette).

 * Il Potere delle Domande: Uno degli aspetti che più mi ha colpito è l'enfasi sul potere trasformativo delle domande. Borzacchiello dimostra come porre le domande giuste, nel modo giusto, possa svelare informazioni cruciali, influenzare le decisioni e persino cambiare stati d'animo. Non si tratta di manipolazione, ma di una profonda comprensione della psicologia umana e di come guidare una conversazione verso risultati costruttivi.

 * L'Importanza della PNL in Azione: Per chi non è familiare con la PNL, questo libro è un'ottima introduzione pratica. Borzacchiello integra concetti chiave della PNL – come il rapport, il ricalco, il modellamento e l'uso di pattern linguistici – in modo estremamente chiaro e applicabile. Non è teoria astratta, ma strategie concrete che puoi iniziare a usare fin da subito per migliorare le tue interazioni personali e professionali.

 * Decifrare il Non Detto: Il Linguaggio del Corpo e Oltre: Il libro non si ferma alle parole. Borzacchiello esplora anche il vasto mondo del linguaggio non verbale, spiegandoci come i gesti, le espressioni facciali, la postura e persino il tono di voce comunichino molto più di quanto possiamo immaginare. Imparare a leggere questi segnali ci fornisce un vantaggio incredibile in qualsiasi situazione comunicativa.

 * Storie ed Esempi Pratici: Ciò che rende "Il Codice Segreto del Linguaggio" così coinvolgente è l'abbondanza di esempi pratici e aneddoti. Borzacchiello utilizza situazioni reali per illustrare i concetti, rendendoli immediatamente comprensibili e replicabili. Ti troverai spesso ad annuire, riconoscendo situazioni che hai vissuto e capendo finalmente il "perché" di certe dinamiche.


A chi lo consiglio?

 * Professionisti della Vendita e del Marketing: Se lavori a contatto con il pubblico, questo libro è una risorsa inestimabile per capire meglio i tuoi clienti e affinare le tue strategie di comunicazione.

 * Leader e Manager: Migliora le tue capacità di leadership, la gestione dei team e la negoziazione.

 * Insegnanti e Formatori: Comprendi meglio come comunicare efficacemente con i tuoi studenti e trasmettere concetti in modo più incisivo.

 * Chiunque voglia migliorare le proprie Relazioni: Che si tratti di rapporti familiari, amicali o di coppia, il libro offre strumenti per costruire connessioni più profonde e risolvere conflitti con maggiore consapevolezza.

 * Appassionati di Crescita Personale: Se sei interessato a comprendere meglio te stesso e gli altri, e a sviluppare una comunicazione più consapevole ed efficace.


In Conclusione:

"Il Codice Segreto del Linguaggio" non è solo un libro da leggere, ma da studiare, rileggere e praticare. Ogni volta che lo apro, scopro qualcosa di nuovo, una sfumatura che prima mi era sfuggita. È un investimento nel tuo sviluppo personale e professionale che ti ripagherà infinitamente.

Borzacchiello ci offre una lente attraverso cui osservare il mondo con maggiore chiarezza, fornendoci gli strumenti per decifrare i messaggi nascosti e per costruire una comunicazione più autentica ed efficace. Ti assicuro che, dopo averlo letto, il tuo modo di parlare, di ascoltare e di percepire le persone non sarà più lo stesso.


Capitan Pess





IL PARADOSSO DI TUTTE LE DATING APP

Se Funzionassero Davvero, Fallirebbero

Nell'universo delle app di incontri, c'è un'ironia sottile, quasi cinica, che aleggia sopra ogni swipe e ogni match: è proprio il caso di dirlo, è un paradosso in piena regola. Immaginate un mondo in cui queste piattaforme fossero così incredibilmente efficaci da riuscire davvero a far incontrare a ciascuno la propria anima gemella, il partner perfetto per la vita. Sembra il sogno di ogni utente, non è vero? Eppure, in uno scenario del genere, queste stesse app sarebbero destinate a un fallimento clamoroso.


Il Modello di Business Contraddittorio

La logica è semplice: il modello di business delle dating app si basa sulla continua ricerca da parte degli utenti. Vivono e prosperano grazie al flusso costante di persone che si iscrivono, pagano abbonamenti premium, acquistano "boost" o altre funzionalità per aumentare la loro visibilità. Più persone cercano l'amore (o anche solo un appuntamento), più queste aziende guadagnano.


Il Dilemma del Successo: 

Se un'app fosse così efficiente da far sì che un numero significativo di utenti trovasse la propria "persona" e si disiscrivesse felice e soddisfatto, il bacino di utenza si ridurrebbe drasticamente. Meno utenti in cerca significano meno introiti pubblicitari, meno abbonamenti e, in definitiva, una morte lenta per l'azienda.


La Dipendenza dalla Rotazione: 

Queste piattaforme hanno bisogno di un ricambio costante. Hanno bisogno che le persone entrino ed escano dal mercato degli appuntamenti, che siano sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, anche dopo aver trovato qualcuno. L'insoddisfazione latente, o la speranza di trovare qualcosa di "ancora meglio", è il loro carburante.


Mantenere l'Illusioni, non le Promesse

Questo non vuol dire che le app non facilitino incontri o che non nascano relazioni da esse. Anzi, molte coppie si sono formate grazie a queste piattaforme. Ma il loro vero successo commerciale non sta nel creare un numero massimo di coppie stabili che "escono dal mercato", bensì nel mantenere viva la speranza e, al tempo stesso, un certo grado di insoddisfazione o curiosità.


 L'Algoritmo Perfetto... per l'Engagement:

Gli algoritmi delle dating app non sono ottimizzati per trovare la tua anima gemella con la massima efficienza. Sono ottimizzati per massimizzare il tuo tempo di permanenza sull'app, per farti swipeare di più, chattare di più e, di conseguenza, interagire di più con la piattaforma e i suoi annunci o servizi a pagamento. Ti mostrano abbastanza profili interessanti da farti rimanere, ma non così tanti o così perfetti da farti smettere di cercare.


La Carota Appesa: 

Funzionano un po' come un gioco in cui la carota è sempre appesa appena fuori dalla tua portata. Ti danno un assaggio di successo (un match, una conversazione promettente) per farti continuare a tentare, ma raramente la raggiungono del tutto in modo definitivo per tutti.


Il Ciclo Infinito della Ricerca

Questo paradosso ci porta a riflettere sulla natura del desiderio e della ricerca nell'era digitale. Le app di incontri hanno capitalizzato sul bisogno umano fondamentale di connessione, trasformandolo in un ciclo infinito di potenziale e delusione.

Se un'app fosse capace di eliminare completamente il desiderio di cercare, mettendo tutti in coppia perfetta, avrebbe segnato il suo stesso atto di morte. 

È un'efficacia che nessuna azienda, orientata al profitto, può permettersi.

In fondo, il paradosso finale è uno specchio della nostra società: bramiamo la soluzione definitiva, ma il sistema economico che la offre è intrinsecamente progettato per far sì che quella soluzione rimanga un orizzonte sempre lontano, ma mai irraggiungibile del tutto. Forse la vera "anima gemella" per queste app è proprio il nostro desiderio inesauribile di trovarla.


Capitan Pess





LA BARKLEY MARATHON: LA GARA CHE FRANTUMA I SOGNI

Da runner e da amante delle sfide, ci sono diverse gare curiose, sparse in tutto il mondo, che attirano sempre la mia attenzione perché hanno effettivamente un fascino particolare...qualcosa di diverso.

Immaginate una gara così brutale che la maggior parte delle volte in cui viene corsa (una volta all'anno), non ha nessun finisher. Una gara dove la distanza esatta è un mistero gelosamente custodito, le condizioni sono infernali e le mappe devono essere disegnate a mano dai partecipanti stessi. 


Benvenuti alla Barkley Marathon, la corsa più folle, crudele e affascinante del mondo.

Nascosta tra le montagne del Tennessee, nella Frozen Head State Park, la Barkley Marathons non è una semplice ultramaratona. È un rito di passaggio, un'odissea fisica e mentale che spinge i partecipanti oltre i limiti dell'endurance umana. Ispirata all'evasione del detenuto James Earl Ray dal vicino penitenziario di Brushy Mountain (che una volta evaso percorse solo 13 chilometri in 54 ore), l'ideatore Gary "Lazarus Lake" Cantrell si chiese quanto lontano avrebbe potuto spingersi una persona in quelle stesse condizioni. La risposta fu la Barkley.

Per descrivere meglio "Lazarus Lake" basti pensare che l'iscrizione di gara crudele è di 1 dollaro e 60 centesimi, la targa della propria macchina perché lui le colleziona e per lo stesso motivo, una camicia non classica come tributo.


Cosa Rende la Barkley Così Impossibile?

 * Distanza e Dislivello da Incubo: Ufficialmente si parla di 100 miglia (circa 160 km), ma in realtà è molto di più, distribuite su cinque giri di un percorso tortuoso e senza sentieri definiti. Ogni giro prevede circa 12.000 piedi (3.600 metri) di dislivello positivo, per un totale di oltre 18.000 metri di salita e discesa complessivi. Per intenderci, è come scalare l'Everest due volte.

 * Tempo Limite Inesorabile: Il limite di tempo totale è di 60 ore. Sembra tanto, ma considerate che per completare un singolo giro bisogna essere al traguardo entro 12 ore per poter iniziare il successivo. Molti non riescono nemmeno a finire il "Fun Run" di tre giri, che ha un limite di 40 ore.

 * Navigazione Senza GPS: Non ci sono segnavia, bandelle o indicazioni. I corridori ricevono una mappa (a volte incompleta) e devono navigare affidandosi a una bussola e alla propria conoscenza del terreno. Lungo il percorso, devono trovare tra le 9 e le 15 libri nascosti e strappare la pagina corrispondente al loro numero di gara come prova del passaggio.

 * Condizioni Meteo Estreme: La gara si svolge a fine marzo o inizio aprile, il che significa che i partecipanti possono affrontare neve, ghiaccio, pioggia torrenziale, fango profondo e temperature che oscillano drasticamente.

 * Reclutamento e Selezione: Non esiste un processo di iscrizione tradizionale. Per partecipare bisogna inviare una "candidatura" a Lazarus Lake, spesso sotto forma di lettera spiritosa o creativa. Solo 40 persone vengono scelte ogni anno, in un processo avvolto nel mistero e nel folklore.

 * La Partenza Segreta: Non c'è un orario di partenza prestabilito. Persino il giorno rimane incerto fino a pochi giorni prima.

La gara inizia quando Lazarus Lake accende una sigaretta. Questo può accadere in qualsiasi momento tra mezzanotte e mezzogiorno e dal quel momento inizia un conto alla rovescia di un'ora prima dell'inizio della gara.

 * Ritiri Frequenti: La stragrande maggioranza dei partecipanti si ritira. Dal 1986, quando la gara è stata concepita nella sua forma attuale, solo un pugno di persone sono riuscite a completare tutti e cinque i giri.


I "Finisher" (I Pochi Eletti)

Essere un "finisher" della Barkley Marathons è un'impresa che pochi possono vantare. È un segno di incredibile tenacia, resilienza e una buona dose di follia. Ogni completamento è celebrato come un evento storico nel mondo dell'ultrarunning. I nomi di coloro che ci sono riusciti, come John Kelly, Jared Campbell, Brett Maune e, più recentemente, Jasmin Paris (la prima donna a completarla nel 2024), sono leggende.


Più di Una Gara

La Barkley Marathons non è solo una sfida fisica; è una profonda esplorazione dei limiti umani. È un'esperienza che mette a nudo le paure, le incertezze e la forza interiore di un individuo. È un test di sopravvivenza, di intelligenza e di pura, indomita volontà.

Per i corridori, è un'ossessione. Per gli spettatori, è uno spettacolo avvincente di fallimento e, occasionalmente, di trionfo. Se siete alla ricerca di ispirazione o semplicemente affascinati dalla follia umana, la Barkley Marathons offre entrambe le cose in abbondanza.

Hai mai sentito parlare della Barkley prima d'ora, o c'è un'altra gara estrema che ti incuriosisce?


Capitan Pess





ROBERTO MERCADINI E LA BELLEZZA DELLE PAROLE

Un discorso sul fare discorsi

Venerdì 18 luglio 2025, il Teatro Menotti di Milano, incastonato nella storica cornice della biblioteca Sormani, ha aperto le sue porte a un evento che ha promesso e mantenuto una vera e propria celebrazione della parola: lo spettacolo di Roberto Mercadini, intitolato "La bellezza delle parole".

Ovviamente io e Eleonora non potevamo mancare dal momento che era uno dei pochi spettacoli di Mercadini ancora mancante nella nostra personale collezione.

Roberto Mercadini, ormai noto al grande pubblico per la sua capacità di tessere narrazioni che spaziano tra la storia, la scienza, la filosofia e la letteratura, ha offerto al pubblico una serata indimenticabile. Non si è trattato di un semplice monologo, ma di un vero e proprio viaggio attraverso il potere evocativo, la storia e la profondità del linguaggio.

Con la sua consueta maestria, fatta di una mimica espressiva e una voce che sa modularsi in mille sfumature, Mercadini ha guidato gli spettatori attraverso aneddoti curiosi, etimologie sorprendenti e riflessioni acute sulla capacità delle parole di plasmare la nostra realtà, di esprimere l'ineffabile e di connettere le persone. Ha dimostrato come ogni termine porti con sé un bagaglio di storia e significato, spesso sconosciuto, che rivela la ricchezza inaudita della nostra lingua.

Il pubblico, attento e partecipe, è stato catturato fin dal primo istante. Si sono susseguiti momenti di ilarità, di profonda riflessione e di pura meraviglia, il tutto orchestrato con il ritmo inconfondibile di Mercadini. La sua abilità nel passare da argomenti leggeri a concetti complessi con una naturalezza disarmante è ciò che rende ogni sua performance un'esperienza unica.

"La bellezza delle parole" non è stato solo uno spettacolo, ma un invito a riscoprire l'amore per la lingua, a soffermarsi sul significato profondo di ciò che diciamo e ascoltiamo, e a riconoscere il valore intrinseco di ogni singola parola. In un'epoca in cui la comunicazione è spesso ridotta all'essenziale e all'istantaneo, Mercadini ci ricorda l'importanza di fermarsi, di ascoltare e di apprezzare la complessità e la meraviglia del linguaggio.

Al termine della serata, tra applausi scroscianti, il pubblico ha lasciato il Teatro Menotti con la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di più di un semplice spettacolo: un'esperienza che ha nutrito la mente e lo spirito, e che ha riacceso la passione per la bellezza intrinseca delle parole.

E poi, ovviamente, la firma sul libro e i saluti finali con quattro chiacchiere veloci...


Capitan Pess











LA VERA FELICITÀ E LA SUA RICERCA

Nasce da dentro, non cerchiamola fuori

L'altro giorno mi è capitato di guardare un reel di Simon Sinek in cui parlava di un concetto di fondamentale importanza per ognuno di noi.

Potrebbe sembrare un'intuizione banale ma se per la stragrande maggioranza di persone è così difficile da applicare ecco che probabilmente ci ritroviamo nel classica frase: "facile non è semplice".

In un mondo che ci spinge costantemente a cercare la felicità all'esterno, attraverso beni materiali, relazioni, successo professionale o l'approvazione altrui, è facile cadere nella trappola di credere che la gioia sia qualcosa che ci viene data. 

Ma se provassimo a ribaltare questa prospettiva? E se la vera felicità non fosse un premio da ottenere, ma una fonte da cui attingere, che risiede già dentro di noi?

L'idea che "nessuna donna, nessun figlio, nessun lavoro, nessuna ricchezza, letteralmente niente può renderti felice" è una verità profonda e, a tratti, scomoda. 

Ci costringe a confrontarci con l'illusione che abbiamo spesso coltivato: quella di delegare la nostra serenità a fattori esterni. Pensiamo che "quando avrò quello, sarò felice" o "se quella situazione cambiasse, starei meglio". Ma la realtà è che queste condizioni esterne possono portare momenti di gioia effimera, ma non la felicità duratura e profonda.


Il Viaggio nell'Anima: Risolvere la nostra "Notte Oscura"

La vera svolta, come suggerito, avviene quando ci dedichiamo a "risolvere la notte oscura della nostra anima". Questo non è un percorso semplice, né breve. Richiede introspezione, onestà e il coraggio di affrontare le nostre paure, le insicurezze, i traumi passati e i modelli di pensiero limitanti. 

È un viaggio dentro noi stessi, per guarire le ferite interiori e riconnetterci con la nostra essenza più autentica. Spesso, questo processo può richiedere l'aiuto di professionisti, come terapisti o coach, che possono guidarci attraverso le sfide e aiutarci a sviluppare una maggiore consapevolezza di noi stessi.

Comprendere le nostre ombre, accettarle e lavorarci su è il primo passo per liberare il potenziale di felicità che risiede in noi. 

È come ripulire un giardino: solo rimuovendo le erbacce e preparando il terreno, potranno sbocciare i fiori.


Donare Felicità, Non Pretenderla

Una volta che abbiamo iniziato a coltivare questa felicità interiore, la prospettiva si ribalta completamente. 

Invece di cercare di ottenere felicità dagli altri o dal nostro lavoro, iniziamo a portarla a loro. 

Immagina la differenza:

 * Nelle relazioni: Invece di aspettarti che il tuo partner o i tuoi figli ti rendano felice, tu diventi una fonte di gioia, amore e supporto per loro. La relazione diventa uno scambio reciproco, arricchita dalla felicità che entrambi portate.

ATTENZIONE: il partner va scelto con molto attenzione perché deve assolutamente essere in linea con questa prospettiva...la felicità viene da dentro e non va ottenuta dagli altri! In caso contrario non funzionerà o vi troverete entrambi ad accettare mille compromessi.

 * Nel lavoro: Invece di dipendere dal tuo lavoro per la tua realizzazione, affronti le tue mansioni con un senso di scopo e appagamento intrinseco. La tua felicità si irradia, influenzando positivamente l'ambiente e i colleghi.

Questo cambio di paradigma è liberatorio. Ci solleva dal peso dell'aspettativa e della delusione, permettendoci di vivere con maggiore autenticità e generosità. 

Quando la felicità non è una merce di scambio, ma una risorsa inesauribile che attingi da te stesso, ogni interazione diventa un'opportunità per dare e condividere, non per prendere.


Costruisci la Tua Felicità Autentica

Inizia oggi il tuo viaggio verso la felicità autentica. Rifletti su cosa ti aspetti dagli altri e dal mondo esterno in termini di realizzazione personale. 

Poi, prova a spostare l'attenzione verso l'interno. Quali sono i passi che puoi compiere per "risolvere la notte oscura della tua anima"? 

Potrebbe essere dedicare tempo all'introspezione, cercare supporto professionale, o semplicemente praticare la gratitudine e la consapevolezza quotidiana.

Ricorda: la felicità non è una destinazione, ma un modo di viaggiare e la sua strada comincia dentro di te.


Capitan Pess





QUANTO È, "TANTO"? LA PERCEZIONE SFUGGENTE DELL'ABBONDANZA

Ti sei mai chiesto quando una quantità smette di essere "tanta"? 

Non si tratta di una questione matematica, ma di un quesito sulla percezione. L'abbondanza non è solo una cifra, ma una sensazione di disponibilità illimitata che, spesso, diamo per scontata finché non svanisce all'improvviso.

Esploriamo come la percezione di abbondanza si trasformi in quella di scarsità, e perché c’è un punto di svolta in cui il "tanto" diventa "poco".


La Metamorfosi del Riso: Dall'Abbondanza alla Scarsità

Immagina un grande piatto colmo fino all'orlo di chicchi di riso. La sensazione è inequivocabile: sono tanti. La mente li percepisce come una riserva inesauribile.

Inizi a mangiarne uno. Poi un altro. Poi un altro ancora. Il piatto rimane, ai tuoi occhi, ancora "pieno". 

Nonostante la quantità di riso sia tecnicamente diminuita, la tua percezione di abbondanza non è cambiata. Il piatto è ancora tanto pieno.

Questo accade perché, di fronte a una quantità enorme, la rimozione di un singolo elemento è psicologicamente irrilevante. Non influisce sulla nostra percezione della totalità. Il "tanto" è radicato in una sensazione di illimitatezza, non in un numero preciso.


Il Punto di Svolta

Ma arriva un punto cruciale. Non è quando hai mangiato esattamente la metà del riso, ma quando il volume rimanente inizia a sembrare significativamente ridotto rispetto all'inizio. Forse quando puoi vedere il fondo del piatto o quando i chicchi sono sparpagliati e non più ammassati.

In quel momento, la percezione cambia bruscamente. Il piatto non contiene più "tanto" riso.

Il punto in cui i chicchi non sono più "tanti" ma addirittura "pochi" è il momento in cui l'assenza di quelli che hai rimosso diventa più evidente della presenza di quelli rimasti. La sensazione di abbondanza lascia il posto alla consapevolezza della limitazione.


Il Piatto della Vita: Quando gli Anni Non Sono Più "Tanti"

La stessa dinamica si applica in modo profondo e spesso doloroso alla nostra percezione del tempo e, in particolare, agli anni di vita.

Quando siamo giovani, il futuro appare come un piatto di riso pressoché illimitato. Abbiamo tanti anni e tantissimi giorni davanti a noi. Un giorno passa, poi un altro, poi passano gli anni e non ce ne accorgiamo. 

I giorni sembrano fluire via come singoli chicchi di riso, senza però intaccare la nostra percezione di abbondanza. La vita sembra infinita.

Ma anche per il piatto della vita, arriva il punto di svolta.

Non c'è un'età specifica, ma un momento di maturità in cui l'orizzonte si restringe. Iniziamo a guardare più al tempo passato che a quello futuro, e la sensazione di illimitatezza svanisce. Iniziamo a vedere il "fondo del piatto".

È il momento in cui l'assenza degli anni trascorsi diventa più significativa della presenza degli anni futuri. Non sono più "tanti" gli anni che abbiamo davanti, ma "pochi". Il tempo non è più un bene apparentemente illimitato, ma una risorsa preziosa e definita.


Vivere con Consapevolezza

La domanda "quanto è 'tanto'?" ci invita a riflettere sulla nostra relazione con l'abbondanza. Sia che si tratti di risorse materiali o di tempo, tendiamo a dare per scontata l'abbondanza finché non raggiungiamo la soglia della scarsità. Comprendere questo dovrebbe quindi spingerci a valorizzare ciò che abbiamo finché è ancora "tanto" e a cercare di vivere ogni giorno con maggiore consapevolezza.

Il piatto di riso invece, possiamo tranquillamente finirlo con un bicchiere di Barolo.


Capitan Pess





LO SPORT COME METAFORA DELLA VITA: LEZIONI DAL CAMPO DI GIOCO


Lo sport è molto più di un semplice passatempo o una competizione fisica; è una potente metafora della vita stessa. 

Dal campo di calcio alla pista di atletica, ogni disciplina sportiva offre lezioni preziose che rispecchiano le sfide, i trionfi e le complessità del nostro percorso esistenziale.


Perseveranza e Disciplina: La Base del Successo

Nel mondo dello sport, così come nella vita, il successo non arriva per caso. Richiede perseveranza e disciplina. Ogni atleta sa che per raggiungere i propri obiettivi, siano essi un record personale, una vittoria di squadra o un campionato, è necessario allenarsi duramente, superare i propri limiti e non arrendersi di fronte agli ostacoli. Le ore dedicate all'allenamento, la rinuncia a certe distrazioni e la costanza nel seguire un programma sono tutti elementi che si ritrovano anche nel raggiungimento dei nostri obiettivi personali e professionali.


La Gestione delle Sconfitte e dei Fallimenti

Nello sport, la sconfitta è una parte inevitabile del gioco. Nessun atleta vince sempre, e imparare a gestire i fallimenti è fondamentale. Una sconfitta può essere demoralizzante, ma è anche un'opportunità di crescita. Analizzare gli errori, imparare da essi e rialzarsi con maggiore determinazione sono lezioni cruciali che lo sport ci insegna e che si rivelano indispensabili per affrontare le avversità della vita. Come si dice spesso, "non è cadere che conta, ma come ci si rialza".


L'Importanza del Lavoro di Squadra

Molti sport sono discipline di squadra, dove il successo dipende dalla collaborazione e dalla sinergia tra i membri. Ogni giocatore ha un ruolo specifico e il raggiungimento dell'obiettivo comune è possibile solo se tutti lavorano insieme, supportandosi a vicenda. Questa dinamica è un perfetto parallelo con la vita reale: che sia in famiglia, sul posto di lavoro o nella comunità, il lavoro di squadra e la capacità di relazionarsi con gli altri sono pilastri fondamentali per costruire qualcosa di significativo.


Obiettivi, Strategia e Adattabilità

Nello sport, ogni partita o competizione inizia con un obiettivo chiaro e una strategia ben definita. Tuttavia, le circostanze possono cambiare rapidamente, e la capacità di adattarsi è vitale. Gli allenatori e gli atleti devono essere pronti a modificare i loro piani in base all'andamento della gara o alle mosse dell'avversario. Questa flessibilità e prontezza nel reagire sono qualità essenziali anche nella vita, dove siamo costantemente chiamati a fronteggiare imprevisti e a trovare nuove soluzioni.


Il Rispetto dell'Avversario e il Fair Play

Infine, lo sport ci insegna il rispetto. Il rispetto per le regole, per l'arbitro, per i compagni di squadra e, soprattutto, per l'avversario. Il fair play non è solo un principio etico, ma un modo di vivere che promuove l'onestà, l'integrità e il riconoscimento del valore altrui, anche di chi è in competizione con noi. 


La Gestione delle Emozioni

Lo sport è una palestra non solo per il corpo, ma anche per la mente e le emozioni. Sul campo di gioco, gli atleti sono costantemente messi alla prova: imparano a domare la rabbia dopo un errore, a gestire la frustrazione di un risultato sfavorevole e a mantenere la calma sotto pressione nei momenti decisivi. Queste abilità di gestione emotiva, affinate attraverso la pratica sportiva, sono incredibilmente preziose e trasferibili in ogni aspetto della vita, aiutandoci a navigare situazioni stressanti o complesse con maggiore equilibrio.


Crescita Personale e Autostima

Ogni allenamento, ogni gara, è un'opportunità per la crescita personale. Attraverso lo sport, impariamo a riconoscere i nostri limiti e, spesso, a superare le nostre paure più profonde. Ci spingiamo oltre ciò che credevamo possibile, scoprendo punti di forza che non sapevamo di avere. 

Questo percorso di auto-scoperta e superamento di sé contribuisce in modo significativo a un aumento dell'autostima e a una maggiore fiducia in sé stessi, qualità fondamentali che ci empowering a perseguire i nostri obiettivi e a credere nelle nostre capacità, sia sul campo che nella vita di tutti i giorni.


Trasportare questo spirito di rispetto e lealtà nella vita quotidiana contribuisce a costruire relazioni più sane e una società più giusta.

In conclusione, che tu sia un atleta professionista o un semplice appassionato, osserva attentamente il mondo dello sport. Scoprirai che le sue dinamiche sono uno specchio fedele delle sfide e delle opportunità che la vita ci presenta ogni giorno. 

Imparare le sue lezioni significa dotarsi di strumenti preziosi per affrontare il nostro percorso con maggiore consapevolezza.

E tu, riesci ad applicare questa filosofia "sportiva" anche nella vita?


Capitan Pess





L' ECO SILENZIOSO DELL' ULTIMA VOLTA

 

C'è una malinconia intrinseca in certi ricordi, non per ciò che è accaduto, ma per la mancanza di consapevolezza che lo ha accompagnato. 

Un'ombra sottile, quasi un velo di rimpianto, si posa su momenti che, al tempo, sembravano infiniti e insignificanti allo stesso tempo. 

Parlo di quelle "ultime volte" che abbiamo vissuto senza saperlo, senza la minima idea che stessimo tracciando l'ultimo cerchio di un'era.

Pensate a quando eravamo ragazzini. L'estate si allungava pigra, punteggiata da risate, avventure improvvisate e serate trascorse a costruire capanne improbabili o a chiacchierare con gli amici.

Ogni giorno si fondeva nell'altro, una successione di attimi che sembravano non avere mai fine. 

Eravamo circondati dagli amici di sempre, volti familiari, voci che conoscevamo a memoria. Giocavamo a calcio nel campetto sotto casa o all'oratorio fino a quando il buio non inghiottiva la palla, o passavamo ore a chiacchierare su un muretto, sognando un futuro che sembrava lontanissimo eppure imminente.

Era bello confrontarsi, era bello sognare.

Ma in mezzo a quell'eternità apparente, c'è stata un'ultima volta. 

Un' ultima partita tutti insieme, un'ultima partita nostra, un'ultima risata condivisa sotto il cielo stellato, un ultimo sguardo prima di salutarsi per la notte. 

Non lo sapevamo, vero? 

Nessuno di noi lo sa mai. Non c'era un conto alla rovescia, nessuna campanella a segnare la fine di un'epoca. Era solo un altro giorno, un'altra serata, un altro arrivederci che diventava un addio.

Ma la bellezza e la crudeltà di questi momenti risiedono proprio in questa inconsapevolezza. 

Se avessimo saputo, forse avremmo stretto di più quegli abbracci, avremmo prolungato quelle conversazioni, avremmo inciso ogni dettaglio nella nostra memoria con la precisione di un cecchino. 

Invece, abbiamo lasciato che quei momenti, così importanti, fluissero via, come sabbia tra le dita, convinti che ci sarebbero state, come sempre, infinite altre occasioni.

E poi, un giorno, ti svegli e ti rendi conto c'è stata davvero un' ultima volta per ognuno di quei momenti meravigliosi. 

L'amico d'infanzia si è trasferito in un'altra città, gli interessi sono cambiati, la vita adulta ha reclamato i suoi spazi. 

Le strade si sono biforcate, e senza che tu te ne accorgessi, il cerchio si è chiuso. 

Non c'è stato un addio formale alla nostra giovinezza spensierata, solo un lento e impercettibile scivolare via verso il futuro.

Questa malinconia non è un rimpianto per ciò che è andato perduto, ma piuttosto un'accettazione agrodolce del flusso inesorabile del tempo. 

È la consapevolezza che la vita è fatta di infinite "ultime volte" non annunciate, di porte che si chiudono silenziosamente dietro di noi. 

E forse, è proprio in questa consapevolezza tardiva che risiede una lezione preziosa: quella di imparare a gustare ogni istante, ogni risata, ogni incontro, come se fosse l'ultimo. 

Perché, in fondo, lo scenario potrebbe cambiare domani... E l'eco silenziosa di quella consapevolezza, anche se postuma, ci ricorda la fragilità e la bellezza dei nostri giorni.

Diamogli valore.



Capitan Pess




04/07/2025 Spartan Race Ultra

Una Battaglia Epica contro il Dolore, Non Contro la Fatica

Ho appena concluso la mia avventura nella Spartan Ultra, e scrivo a caldo in modo da sentire ancora tutte le emozioni generate da questa sfida.

È stata un'esperienza incredibile che mi ha messo alla prova in modi che non avrei mai immaginato. Non è stata una lotta contro la fatica come era facile aspettarsi, bensì una battaglia incessante e brutale contro il dolore, la sofferenza e l'instancabile voglia di resistere per proseguire.

L'inizio della gara è stato un sogno. I primi 12 km ci hanno regalato ben oltre 1000 metri di dislivello positivo, e io ero in gran forma. Sentivo le gambe girare bene, il passo era sostenuto e riuscivo a superare agilmente altri atleti anche nelle salite più impegnative. Ero nel mio elemento, in totale sintonia con il percorso e con la sfida.

Poi è arrivato il primo attraversamento del lago. L'acqua, gelida so che è il punto debole per i miei muscoli, mi è già capitato più volte in passato ed anche in questo caso è stata la mia prima vera nemica. Appena uscito, i muscoli delle cosce hanno iniziato a protestare, avvisaglie di crampi in agguato. Un piccolo campanello d'allarme che, purtroppo, si sarebbe trasformato in una campana a morto per le mie gambe nei successivi km.

Subito dopo è iniziata una salita che sembrava non finire mai. La scena era quasi surreale: tutti intorno a me erano diventati un'orda di zombie, silenziosi, a testa bassa, con un passo lentissimo e decadente. Poi una discesa lunghissima, un altro lago ghiacciato da attraversare e, senza un attimo di respiro, un'altra salita infinita. A questo punto, le mie gambe hanno ceduto. I muscoli hanno iniziato a contrarsi violentemente, limitando drasticamente la mia mobilità.

Il punto più alto della gara, a 2090 metri e circa al 21° km, ha segnato l'inizio di una discesa estenuante di 840 metri di dislivello in pochissimi km e questo significa che la discesa è molto ripida; su discese così è impossibile correre, e i passi in avanti e verso il basso sono pesanti perché oltre all'inerzia sostengono tutto il peso del corpo.

Qui, la situazione è precipitata. Le mie gambe semplicemente non mi permettevano né di correre né di camminare fluidamente. Ogni dieci passi ero costretto a fermarmi e ad accovacciarmi per cercare di sciogliere le cosce. È stato un vero calvario, ma ho tenuto duro e ho fatto del mio meglio, passo dopo passo, accovacciamento dopo accovacciamento.

Nonostante il dolore lancinante, c'è un aspetto di cui vado immensamente fiero: non ho saltato un singolo ostacolo. Li ho completati tutti, persino un lunghissimo trasporto di catena da 40 chili che, in quelle condizioni, è sembrato un'impresa titanica. La forza di volontà ha prevalso sulla sofferenza fisica.

Bravo.

Quando finalmente sono arrivato in pianura, ho creduto fosse finita. Purtroppo era solo un' illusione. Mancavano ancora 6 km e una quantità non indifferente di ostacoli. I crampi alle cosce erano ormai una costante, rendendo impossibile qualsiasi tentativo di corsa fluida.

Qui ho corso qualche centinaio di metri con un ragazzo spagnolo in estrema difficoltà; aveva finito i suoi gel e così gli ho offerto il migliore dei miei per fargli completare la sua gara e li, dopo due chiacchiere, ha ripreso la sua normale andatura e mi ha superato.

Io invece ho tagliato il traguardo del primo giro a 33 km dopo 8 ore e una manciata di minuti, ma a malincuore ho dovuto fermarmi ed uscire dalla gara.

In quelle condizioni ero troppo lento per poter portare a termine la gara entro il limite massimo di tempo previsto.

C'è un profondo senso di rammarico. Avevo ancora un'ora di margine prima della chiusura dei cancelli, e se solo le mie gambe avessero risposto, sarei arrivato nello stesso punto almeno con un'ora e mezza di anticipo e probabilmente avrei potuto raggiungere il traguardo finale. 

Nel momento in cui mi sono fermato, non ero affatto stanco; era il dolore muscolare, persistente e debilitante, che mi impediva di continuare. Volevo confrontarmi con la fatica fisica, ma ho trascorso quasi tutta la gara a lottare contro un dolore implacabile.

Avrei potuto farcela, ne sono convinto. Ma in quelle circostanze, in quelle condizioni estreme, non potevo davvero fare di più. Credo fermamente che, anche così, sia stata un'impresa epica. I piani erano cambiati e a quel punto potevo solo adeguarmi e reimpostare "in corsa" i miei obiettivi.

Temevo i 52km e i 3000mt di dislivello ed invece la vera minaccia era il passaggio nell' acqua fredda.

Ho imparato una lezione preziosa sulla resilienza e sui limiti del mio corpo, e soprattutto sulla distinzione tra stanchezza e dolore.

Ho imparato che nonostante sia difficile ammetterlo è necessario accettare i fatti e non aggrapparsi ai "se" o ai "ma".

E ho imparato che non c'è disonore se si lotta fino alla fine dando tutto quello che è possibile e che ci può essere molta dignità anche in un risultato che ha il sapore di una sconfitta.

Alla fine della gara, in mezzo ad un folla di persone sento chiamare il mio nome:

Identifico un ragazzo con un gran sorriso, lo stesso ragazzo spagnolo a cui ho regalato uno dei miei gel, che mi dice che grazie al mio aiuto è riuscito a vincere la sua Age Group, ovvero la sua categoria assoluta 30-35 anni.

Mi dice di non aver mai vinto niente e di aver coronato il suo sogno proprio nella gara più iconica di Spartan, quella più dura, quella più epica.

Mi da dei meriti che ovviamente non ho, mi dice che senza il mio aiuto non avrebbe mai ottenuto questo risultato e che me ne sarà grato per sempre;

Io mi sono commosso ed emozionato insieme a lui. Questo ragazzo tutto muscoli è diventato un bambino dopo aver raggiunto il massimo risultato. Posso solo immaginare quanti sacrifici ci siano dietro questa vittoria.

Sono sinceramente felice per lui e di aver contribuito con un piccolo gesto a realizzare il sogno di un ragazzo davvero forte e di aver contribuito alla creazione di gioia e felicità.

Questa Spartan Ultra non è stata la vittoria che speravo, ma è stata una battaglia vinta contro la mia stessa frustrazione e un'ulteriore auto-conferma della mia determinazione. 

Chiudo la mia personale sfida dopo 32,8km, 2182 mt di dislivello positivo e 2182 mt di dislivello negativo e 30 ostacoli in 8 ore,19 minuti e 20 secondi e tutto sommato, va bene così...per ora...


"Non è la conquista della montagna, presunzione assurda, né lotta tra l'uomo e la natura, mera finzione che noi immaginiamo per rendere eroica e grandiosa la nostra piccola lotta. È tutt'al più conquista di sé stessi. La lotta implica l'odio, il Trail è solo l'amore. Dunque ogni piccolo uomo non conquista la cima della montagna ma se stesso".


Capitan Pess


















JOHN DELOREAN: UN SOGNO INFRANTO O FORSE NO

La DeLorean, un Sogno Infranto e una Lezione di Vita: L'Eredità di John DeLorean

DeLorean. Di fronte a questo nome la mente corre subito all'iconica DMC-12, quell'affascinante coupé futuristica che ha volato nel tempo (letteralmente!) in "Ritorno al Futuro". Ma dietro le sue portiere ad ali di gabbiano e la carrozzeria in acciaio inossidabile, si cela una storia molto più complessa, quella del suo ideatore: John Zachary DeLorean. Una storia di ambizione sfrenata, genio ingegneristico, e una caduta rovinosa, che racchiude in sé una potente morale di vita.


Dall'Oro al Fango: L'Ascesa e la Caduta di un Visionario

John DeLorean non era un uomo comune. Nato nel 1925, fu un ingegnere brillante e un manager carismatico, capace di scalare rapidamente le vette del mondo automobilistico. Dopo aver lasciato un segno indelebile in colossi come Chrysler e soprattutto General Motors, dove fu artefice di modelli di successo e innovazioni significative (come la Pontiac GTO, considerata una delle prime "muscle car"), DeLorean decise di inseguire il suo sogno più grande: fondare la sua casa automobilistica.

La DeLorean Motor Company (DMC) nacque con l'obiettivo ambizioso di produrre un'auto sportiva etica e innovativa. La DMC-12, con il suo design audace di Giorgetto Giugiaro, la carrozzeria inossidabile immune alla ruggine e l'innovativo sistema di sospensioni, prometteva di essere un veicolo rivoluzionario. Il suo lancio fu accompagnato da un'enorme attesa, alimentata dal carisma di DeLorean e dalle promesse di un'auto che combinava prestazioni e durata.

Tuttavia, la strada per il successo si rivelò irta di ostacoli. Problemi di produzione, costi elevati, ritardi e una qualità non sempre all'altezza delle aspettative iniziarono a minare le fondamenta dell'azienda. La situazione precipitò rapidamente, e DeLorean, disperato nel tentativo di salvare la sua creazione, si trovò coinvolto in una vicenda di spaccio di droga che lo portò all'arresto nel 1982. Sebbene successivamente assolto da tutte le accuse, il danno alla sua reputazione e all'azienda fu irreparabile. La DeLorean Motor Company dichiarò bancarotta e il sogno si frantumò.


Il Tentativo Disperato e l'Operazione Sotto Copertura

Mentre la DeLorean Motor Company si avvitava in una spirale di problemi finanziari – produzione lenta, costi fuori controllo, e un mercato automobilistico che non rispondeva come sperato – John DeLorean si trovò in una situazione disperata. La sua ambizione lo aveva portato a investire tutto, e l'azienda era sull'orlo del fallimento, con il rischio concreto di perdere anche gli ingenti finanziamenti ricevuti dal governo britannico per lo stabilimento in Irlanda del Nord.

È in questo contesto di estrema pressione e disperazione che John DeLorean entrò in contatto con individui che, a sua insaputa, erano informatori dell'FBI e agenti sotto copertura. L'accusa principale era di aver cospirato per trafficare circa 100 kg di cocaina, per un valore stimato all'epoca di 24 milioni di dollari (una cifra enorme per l'epoca), con l'obiettivo di salvare la sua azienda con i proventi di questa operazione illegale.

Il 19 ottobre 1982, John DeLorean fu arrestato in una stanza d'hotel a Los Angeles, in quella che si rivelò essere una complessa operazione operativa dell'FBI e della DEA. Fu filmato mentre visionava una valigetta contenente una notevole quantità di cocaina (circa 27 kg), sebbene lui sostenesse di essere stato costretto a partecipare a tale incontro. L'arresto fece immediatamente il giro del mondo, distruggendo la sua reputazione e segnando il colpo di grazia per la sua azienda, che dichiarò bancarotta quasi contemporaneamente all'arresto.


L'Assoluzione e la Questione dell'Entrapment

Il processo di John DeLorean per traffico di droga fu lungo e altamente pubblicizzato. La difesa di DeLorean si basò principalmente sulla tesi dell'entrapment (adescamento o incitamento a commettere un reato). I suoi avvocati sostennero che DeLorean era stato indotto a commettere il reato da agenti federali che lo avevano spinto, in un momento di estrema vulnerabilità finanziaria, a prendere una decisione che altrimenti non avrebbe mai preso.

Nel 1984, la giuria federale di Los Angeles assolse John DeLorean da tutte le accuse di traffico di droga. La giuria accettò la tesi dell'entrapment, ritenendo che il governo avesse superato i limiti consentiti nell'indurre DeLorean a partecipare all'operazione. Sebbene legalmente scagionato, la sua immagine pubblica era irrimediabilmente compromessa e la DeLorean Motor Company era ormai un capitolo chiuso.


Riflessioni sul Caso

Questo episodio oscuro nella vita di DeLorean solleva domande complesse:

 * La disperazione giustifica le azioni? Pur essendo stato assolto, la vicenda solleva il quesito morale su quanto la disperazione finanziaria possa spingere un individuo a considerare azioni estreme e illegali.

 * I limiti dell'azione governativa: Il caso DeLorean è diventato un esempio emblematico delle discussioni sui confini dell'entrapment e su quando le operazioni sotto copertura delle forze dell'ordine possano trasformarsi in un'induzione al crimine.

Questo capitolo della sua vita, per quanto doloroso e controverso, è inestricabilmente legato alla storia della DeLorean e alla figura di John DeLorean stesso, un uomo che ha toccato vette altissime per poi precipitare in un abisso di scandalo, dal quale, nonostante l'assoluzione, non si è mai veramente ripreso in termini di reputazione e successo professionale.


La Morale della Storia: Il Lato Oscuro dell'Ambizione e la Resilienza

La storia di John DeLorean è un monito potente su diverse sfaccettature dell'esistenza umana:

 * L'Ambizione senza Limiti può essere Pericolosa: DeLorean era spinto da un'ambizione smisurata e da una fiducia incrollabile nelle proprie capacità. Se da un lato queste qualità sono essenziali per il successo, dall'altro, se non temperate da prudenza, realismo e integrità, possono portare a decisioni avventate e a conseguenze disastrose. Il suo desiderio di lasciare un'impronta indelebile lo ha portato a spingersi oltre ogni limite, finendo per cadere in un abisso.

 * Il Ruolo dell'Integrità:Indipendentemente dalla sua assoluzione legale, la vicenda che lo ha coinvolto ha evidenziato come la ricerca disperata del successo possa talvolta offuscare il giudizio e compromettere i valori etici. L'integrità, anche sotto pressione, è un faro che dovrebbe sempre guidare le nostre azioni.

 * Il Potere della Resilienza... anche dopo il Fallimento: Nonostante il crollo della sua azienda e lo scandalo che lo travolse, DeLorean, seppur con un'immagine profondamente compromessa, cercò di reinventarsi. Tentò nuove imprese, si dedicò ad attività di consulenza e non smise mai di credere nel suo ingegno. Questa resilienza, sebbene non abbia portato al riscatto pubblico desiderato, dimostra la capacità dello spirito umano di cercare un senso anche dopo le sconfitte più brucianti.

 * Il Successo non è Solo un Traguardo, ma un Percorso: La DeLorean è l'esempio lampante di come un'idea brillante e un'esecuzione parziale non siano sufficienti. Il successo duraturo richiede una pianificazione meticolosa, una gestione oculata, la capacità di affrontare le avversità con realismo e, soprattutto, la costruzione di relazioni basate sulla fiducia e sulla trasparenza.


Un'Eredità Controversa ma Indimenticabile

Oggi, la DeLorean DMC-12 è un'icona amata, un simbolo della cultura pop che ha trovato la sua redenzione grazie al cinema. La storia di John DeLorean rimane un capitolo affascinante e controverso della storia automobilistica. Ci ricorda che dietro ogni innovazione, ogni grande impresa, c'è una persona con le sue virtù e le sue fragilità. E che, a volte, le lezioni più preziose non arrivano dal successo trionfante, ma dai fallimenti più spettacolari.

Pensateci la prossima volta che vedrete una DeLorean: non è solo un'auto, ma un promemoria potente che la vita è un viaggio complesso, fatto di alti e bassi, e che anche dalle rovine di un sogno infranto possono emergere le lezioni più significative per il nostro cammino.


Capitan Pess



















LA CRESCITA ESPONENZIALE: PERCHÉ ALCUNI LAVORI CI FANNO PROGREDIRE ED ALTRI NO

​Quando pensiamo al nostro lavoro, spesso lo vediamo solo come un mezzo per guadagnare. Ma se ci fermiamo a riflettere, ci rendiamo conto ch...