MacGyver, Dylan Dog, Eric Draven, Philip Marlowe, Sir Arthur, Jürgen Klinsmann, John McClane, Aldo Rock
Ognuno di noi ha i suoi eroi, figure che ci ispirano, ci fanno sognare o semplicemente ci mostrano un modo diverso di affrontare la vita. Non parlo solo di supereroi con mantelli, ma di personaggi e persone che hanno lasciato un segno nel nostro percorso di crescita. Per me, questo viaggio è iniziato in adolescenza e mi ha portato fino a oggi, attraverso le gesta di MacGyver, le inquietudini di Dylan Dog, la giustizia oscura di Eric Draven, l'integrità cinica di Philip Marlowe, la perseveranza di Sir Arthur, l'energia di Jürgen Klinsmann, la resilienza di John McClane e la determinazione di Aldo Rock.
L'ingegno: MacGyver
Iniziamo con il primo, l'eroe che mi ha introdotto al concetto di problem solving creativo: Angus MacGyver. Mentre i miei coetanei si perdevano dietro esplosioni e pugni, io ero affascinato da un uomo che, armato solo di un coltellino svizzero, una gomma da masticare e un'inesauribile conoscenza della fisica e della chimica (e un altro milione di nozioni), riusciva a uscire da ogni situazione.
MacGyver mi ha insegnato che la vera forza non è nei muscoli, ma nell'ingegno. Mi ha trasmesso l'idea che, con le giuste conoscenze e un po' di creatività, si può risolvere qualsiasi problema, anche il più complesso. Non si trattava di distruggere, ma di costruire, di usare ciò che si ha a disposizione per trasformare una situazione complessa e cercare una via d'uscita.
L'inquietudine: Dylan Dog
Subito dopo MacGyver, è arrivato l'indagatore di incubi per eccellenza: Dylan Dog. Con lui, il mio mondo è cambiato. Non c'erano più solo problemi da risolvere con la scienza, ma anche paure interiori, mostri nascosti nell'animo umano. Dylan mi ha mostrato il lato più oscuro e complesso della vita. La sua malinconia, le sue battute, la sua capacità di immedesimarsi nelle sofferenze altrui mi hanno insegnato che l'empatia è una forza potentissima. Nonostante la paura, Dylan non si tirava mai indietro, affrontando i demoni che gli si presentavano con un misto di ironia e coraggio. Mi ha insegnato che è umano avere delle debolezze, ma che l'importante è guardarle in faccia.
La giustizia oscura: Eric Draven
Poi è arrivata l'icona della vendetta e del dolore, Eric Draven, il protagonista de "Il Corvo". La sua storia è un pugno nello stomaco: un'ingiustizia atroce che lo riporta dalla morte per ristabilire l'equilibrio. Draven non è un eroe luminoso; è l'incarnazione di una giustizia implacabile, nata dal dolore più profondo e dall'amore. Mi ha mostrato come anche nell'oscurità più totale possa esserci una forza motrice, una determinazione inarrestabile a cercare la verità e a ripristinare ciò che è stato ingiustamente strappato. La sua vendetta è intrisa di una malinconia poetica, che mi ha fatto riflettere sulla natura del dolore e sulla forza che si può trovare anche dopo la perdita più grande. È l'eroe che mi ha fatto capire che a volte, per guarire, bisogna affrontare ciò che fa più male.
L'integrità cinica: Philip Marlowe
Tra le nebbie di Los Angeles e le ombre del noir, ho incontrato Philip Marlowe. Il detective di Raymond Chandler non è un eroe nel senso classico del termine. Non salva il mondo, non combatte mostri ultraterreni. Si muove in una realtà corrotta, dove la legge è spesso piegata e la moralità è un lusso per pochi. Eppure, in mezzo a quel marciume, Marlowe mantiene una bussola morale incrollabile. Le sue battute sarcastiche e il suo cinismo sono solo una corazza per proteggere un profondo senso di integrità e onore. Mi ha insegnato che si può lottare per la verità e la giustizia, anche quando si sa che non si vincerà sempre e che il prezzo da pagare è alto. In un mondo che tenta costantemente di corromperti, la vera forza sta nel rimanere fedeli a se stessi e ai propri principi, anche quando si è soli.
La perseveranza: Sir Arthur
In quegli anni, la perseveranza ha avuto un nome e un cognome, o meglio, un'armatura e uno scudo: Sir Arthur, il prode cavaliere di "Ghosts 'n Goblins" e "Ghouls 'n Ghosts". Chiunque abbia affrontato quel gioco arcade sa di cosa parlo. Arthur era la quintessenza della resilienza videoludica: perdeva l'armatura al primo colpo, si ritrovava in mutande, ma continuava a combattere contro orde di demoni, scheletri e zombie. Morire e ricominciare era la norma, ma l'obiettivo di salvare la principessa era sempre lì. Arthur mi ha insegnato il valore dell'ostinazione, del non mollare mai, anche quando la sfida sembrava impossibile e il game over era dietro l'angolo. Una lezione preziosa, trasferibile ben oltre lo schermo di un videogioco.
L'energia e la grinta: Jürgen Klinsmann
Durante quegli anni, anche il campo di calcio aveva il mio eroe. Jürgen Klinsmann non era solo un grande calciatore, ma per me, un simbolo di energia, di fair play e di grinta. Era un attaccante che correva, si tuffava e segnava. La sua determinazione e la sua lealtà, anche nei momenti più difficili con i tifosi, mi hanno insegnato che il talento va unito alla passione e al rispetto. Ha dimostrato che si può essere campioni non solo per le proprie abilità, ma per il modo in cui si affronta la competizione e per l'amore che si mette nel proprio lavoro.
La resilienza: John McClane
Crescendo, la vita ha iniziato a mettermi di fronte a ostacoli più concreti. Ed è qui che è entrato in scena John McClane. L'eroe di Die Hard non è perfetto, non è un genio e non è particolarmente eccezionale. È un poliziotto stanco, imperfetto, che si ritrova sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma è proprio questa sua umanità a renderlo straordinario. McClane cade, si sporca, si fa male, ma si rialza sempre. La sua tenacia, la sua capacità di non mollare mai, anche quando tutto sembra perduto, mi hanno insegnato il valore della resilienza. Non si tratta di essere invincibili, ma di non arrendersi mai.
La schiettezza e la fatica: Aldo Rock
Infine, arriviamo all'oggi, a un eroe che non viene dalla fantasia, ma dalla realtà: Aldo Calandro, in arte Aldo Rock. Ho iniziato a seguirlo molti anni fa su radio deejay e la sua figura ha completato il quadro. Aldo Rock non ha poteri speciali, ma un dono ancora più raro: la sincerità brutale e una profondità disarmante. Pioniere del triathlon in Italia e atleta instancabile ancora oggi (nonostante non sia più "giovanissimo"), ha fatto della fatica, della sfida e del superamento dei propri limiti una filosofia di vita. Con la sua rubrica del venerdì mattina su Radio Deejay, e attraverso le sue pillole ovvero le sue "pappardelle" o il suo "diario di un uomo", mi ha spinto a non arrendermi, a rimettermi in gioco, a dare spazio alla mia parte più selvaggia e a dare un senso a ciò che faccio. I suoi argomenti, che spaziano dalle imprese sportive estreme alla motivazione, dalla ricerca del disagio alla disciplina, mi hanno sempre colpito. È una sorta di atleta zen della fatica, che insegna a guardare il dolore e la difficoltà non come ostacoli, ma come strumenti di crescita. La sua filosofia, basata sulla disciplina e sul rispetto per se stessi e per gli altri, è un richiamo costante a non perdere di vista ciò che conta davvero. Mi ha insegnato che per essere un eroe, a volte, basta essere se stessi, onesti e inarrestabili.
Eroi in evoluzione
Guardando indietro, mi rendo conto che i miei eroi sono cambiati con me e io sono cambiato grazie a loro. L'ingegno di MacGyver, l'empatia di Dylan Dog, la giustizia dark di Eric Draven, l'integrità cinica di Philip Marlowe, la grinta di Jürgen Klinsmann, la resilienza di John McClane e la "sana ricerca dei limiti" di Aldo Rock non sono solo tratti di personaggi, ma ormai sono parti di me che ho cercato di coltivare nel tempo. Ognuno di loro mi ha lasciato un pezzo di strada e degli insegnamenti preziosi. E mi ricordano che gli eroi non sono solo quelli che salvano il mondo, ma anche quelli che ci aiutano a salvare noi stessi, un piccolo passo alla volta.
Capitan Pess